ARCHIBALD, IL PIVOT CHE PIACE AI TIFOSI CHE AMANO I "DURI"

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vee.dee
00mercoledì 1 dicembre 2004 11:34
I giocatori visti dalla tribuna

- Il Resto del Carlino -

Robert Archibald è da domenica sera un beniamino della tifoseria biancorossa. Come ha fatto, in così poco tempo, il lungo scozzese a conquistarsi le simpatie dei pesaresi? Semplice: ha dimostrato di essere un duro, uno che non molla, uno che, se deve far fallo, non si preoccupa dell’incolumità dell’avversario. Poi, se a questo aggiungiamo la «carezza» offerta ad un nemico storico dell’Inferno biancorosso come l’eterno bomber Mario Boni, allora viene subito naturale adottarlo.
L’anno scorso c’era il ruvido Bud Eley, che con le sue intemperanze in campo era croce e delizia di allenatore e supporters, ma anche lui sotto canestro non andava tanto per il sottile e prima di dire «prego s’accomodi» aveva già dato un «liscia e busso» a chiunque gli capitava sotto tiro. Poi, che a volte andasse in corto circuito con la testa e commettesse qualche sciocchezza, è un’altra storia. Abbiamo tanto amato noi tifosi Marko Tusek, uno che non si limitava soltanto a dare il cuore in campo, ma che al termine delle battaglie vinte, saliva sul tavolo dello speaker a saltare assieme alla folla in delirio, magari col microfono in mano. Come non adorare giocatori così? Atleti come capitan Gigena, sempre schierato dalla parte del «pueblo».
L’idolo dei tifosi deve essere un po’ «fuori», un po’ [SM=x486260], deve uscire dagli schemi. Ecco perchè per gente come Lloyd «Pisellino» Daniels, che faceva 40 punti contro Bologna irridendoli dall’inizio alla fine, che tirava i liberi «a mela» e che giocava con una pallottola conficcata in petto, a Pesaro sorse una specie di culto. Lloyd è stato uno dei pochi esempi di idoli dotati di grande classe, perché di solito il beniamino dei tifosi non è la stella assoluta della squadra, ma il gregario, quello che fa legna, che sbriga il lavoro sporco. O magari gente come Mimmo Zampolini, che a vederlo sembrava l’antitesi dell’atleta: un armadio all’apparenza un po’ sovrappeso che corricchiava per il campo e che invece era letale per chiunque, con le sue bombe spaccapartita e le sue classiche entrate con insidioso gancetto sinistro da sotto. Poi in difesa anche lui era uno che non ricamava centrini da tavolo, e se decideva di fare fallo, di certo il suo avversario non avrebbe mai segnato e ottenuto il libero supplementare. Ed infine il giocatore stoico per eccellenza: Mike Sylvester, quello delle risse con tutti, delle rimonte impossibili e dell’abnegazione totale. Ma qui si va troppo indietro nel tempo. Adesso è il tempo di Robert Archibald, il «braveheart» dal cuore impavido e la mano pesante, l’uomo sul quale i tifosi vorrebbero apporre un cartello dantesco: «Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate (in area)».
Matteo Fattori
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