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Forza Aquile!
00lunedì 31 ottobre 2005 10:05
La Climamio domina la rivincita della Supercoppa


31/10/2005 08:28


- Unità -

Nel piccolo (per la Rai) mondo dei canestri, in realtà uno sport che cresce nei numeri, prende medaglie, sperimenta il futuro (l’istant replay e ora il precision time), azzecca qualche congiuntivo e lascia la violenza fuori dai palasport, c’è un asse che nel corso degli anni e dei risultati è diventato perno, rivalità. Insomma, una «classica» del campionato. I giganti biancoverdi di Treviso contro quelli biancoblù di Bologna, la Fortitudo contro la Benetton.
Ieri si è consumato l’atto numero 75, all’ora di pranzo: qualche anno fa, non ere geologiche, la Fossa bolognese litigando con mamma Rai vergò un volantino che voleva essere polemico e paradossale, «Giocatele a mezzogiorno le partite». A ripensarci fa un certo effetto, a prescindere dai meriti di Sky che ci ha fatto una gemma nel palinsesto, e misura con precisione come siano cambiati i tempi e le cose della pallacanestro italiana. Erano pari, 37 vittorie a testa nella storia degli incontri tra l’Aquila e i Colori Uniti. Un equilibrio su cui i numeri hanno pure
scherzato: 5714 punti segnati per ciascuno, nemmeno col bisturi si scavava una patta del genere. Da ieri, però, e fino alla prossima volta in cui incroceranno i guantoni (17 novembre, al Palaverde, per lo stesso girone A di Eurolega), la Fortitudo ha una manciata di vantaggio sugli ormai amatissimi nemici della Marca. La squadra di Repesa ha vinto senza troppa
fatica: 81-73. La Benetton non ha mai messo il naso avanti, Bologna ha controllato per tre quarti (chiusi tutti avanti: 21-16, 42-35 e 61-56), poi nell’ultimo ha messo la freccia e ha sorpassato. La Climamio ringrazia il lavoro d’orchestra dei suoi musicisti, stavolta diretti da Nate Green, 14 punti da «tuttofare» del parquet: prendono ancora diverse stecche e spesso dimenticano lo spartito per perdersi nelle nebbie, ma nel cantiere c’è parecchia materia prima. Dall’altra parte Goree e Nicholas non sono bastati a bilanciare lo strapotere sotto canestro di Bologna, e Bargnani non è stato il vellutato demonio che ha demolito Roma.
Così la Fortitudo, che ha raccolto l’ultimo trofeo proprio contro la Benetton, la Supercoppa, si è messa in tasca anche la rivincita. È l’ultimo titolo che le due squadre, e le due società, hanno messo in bacheca negli ultimi anni. Da dieci anni, infatti, sono proprio loro, la Bologna di via San Felice e Treviso dei mecenati benettoniani, a dominare i canestri. Solo la grande Virtus di Messina, nel 2001, ha spezzato una continuità ad alto livello di due squadre che si specchiano nella feroce rivalità. Hanno proprietà antiche ed affezionate, il patron Seragnoli e la famiglia dei casual, sempre più rare in un ambiente che cannibalizza appartenenze e bacheche. Guardano da sempre anche al circensem, Fortitudo e Benetton, non limitandosi ad assemblare playmaker con pivot: hanno inventato, praticamente, il concetto di azienda applicato al basket. Marketing, comunicazione, palasport più simili ad arene americane che ad angusti e opachi catini italiani. E infine, grazie ad una rete di scout che è una specie di Bignami dei talenti, pescano gioielli dappertutto: non tutti diventano diamanti, ci sono state anche molte pietre grezze, ma il modello Udinese loro l’hanno inventato molto prima di Pozzo. Adesso sono anche accomunate dai Peter Pan italiani, Belinelli, Mancinelli e Bargnani, la meglio gioventù dei nostri canestri. Conservano, infine, le loro radici ruspanti. Una generazione di tifosi che sono cresciuti a srotolare gli stessi striscioni e mandarsi gli stessi vaffanculo, c’è gente che potrebbe contarsi i capelli grigi dalle opposte balaustre: quelli che mangiano salsicce e vino prima della partita, e in giro ce ne sono sempre meno.
Sono, come si dice, società modello. Ma non per questo rinunciano a darsele di santa ragione, la benzina sul fuoco sono il passato e il futuro a sgomitare per lo stesso osso. Specialmente all’ora di pranzo.

Salvatore Maria Righi
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