Cuore e passione:ALLEN IVERSON!

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Nba Live
00lunedì 24 ottobre 2005 17:01
Come si dice spesso il primo amore non si scorda mai.
Come si può scordare quel pomeriggio uggioso e freddo davanti ad un videotape con una cassetta che sapeva più di curiosità che di vera consapevolezza a cosa andassimo incontro. Dopo aver letto in qualche rivista della presenza di uno sport denominato Basket non potevo esimermi dal sanare questa mancanza, in un punto remoto della mia mente c’era una spinta da assecondare. La vhs in questione ci presentava una partita non molto succulenta per l’epoca, in cui giocavano i Philadelphia 76ers, squadra semi barzelletta dell’NBA.


Nonostante la qualità assolutamente non esaltante della partita (considerazione fatta a posteriori dopo aver visto giusto “qualche” partita) ero rimasto colpito da un particolare personaggio alto all’incirca un metro e ottanta, che spadroneggiava in una partita composta in gran parte da “bronzi di riace” di 2 metri per un centinaio di chili. Questo stupendo scricciolo correva per il campo e realizzava punti su punti in modo incredibile.
Come dire…dopo quella partita non ci abbiamo visto più, l’obiettività lasciava spazio alla passione che quel ragazzo aveva trasmesso al mio cuore e quello che fino a prima era uno sport come tanti è diventato IL BASKET e quel semplice ragazzo che correva per il campo è diventato ALLEN IVERSON.
Con il tempo, però mi sono accorto che non era solo mia la passione e lo stupore verso questo ragazzo.


Possiamo stare a discutere chi sia il miglior giocatore dell’NBA di oggidì…chi dice Bryant per il suo dominio mentale sulle partite, chi Shaq e la sua squassante dominanza fisica, chi Duncan per i suoi fondamentali e la sua classe e così via.
Ognuno ha qualche valido esempio e vari argomenti a testimoniarlo, ma come si fa a non avere validi motivi per avvalorare la tesi di un ragazzo normo-dotato di un metro e ottanta per settanta chili che gioca in una lega di super uomini?
Quest’uomo ha fatto innamorare al basket tantissime persone e ha mostrato la strada per affrontarlo sia fisicamente che mentalmente.
Questo ragazzo ogni volta che muove piede su un campo NBA è braccato dal miglior difensore degli avversari e dagli aiuti di centri ed ali forti dalla stazza Godzilliana; eppure lui, con parabole inimmaginarie, con linee di passaggio strette come crune di aghi, con acrobazie degne del miglior Nureyev riesce sempre a cavarsi d’impiccio e trovare, tramite la sua fantasia da puro bebopper, una soluzione sempre nuova ed efficace.
Impossibile non innamorarsi di un giocatore che gioca ogni singola partita che ha comandato l’altissimo con la stessa voglia e la stessa “cattiveria” agonistica.
La sua avventura NBA è nata ed ha avuto la consacrazione in quella ormai celeberrima azione di crossover che ha fatto sedere niente popò di meno che sua maestà (al secolo Michael Jordan). Da quel momento è cambiata la lega, è cambiato il basket, ma non la tenacia del numero 3. “The answer” affronta sempre la vita, le partite e le conferenze stampa con la solita sfrontatezza che lo ha accompagnato sin dai tempi della Virginia. E’ sempre stato un tipo molto burrascoso sia dentro che fuori dal campo e i problemi estivi non sono mai mancati, dalla sospetta violenza ai danni della moglie all’irruzione a mano armata in abitazioni varie, passando per litigi con allenatori e malfidenza verso qualsiasi cosa fosse al di fuori della sua famiglia e dalla sua compagnia. Per questo motivo tutti sono sempre stati pronti (anche a ragione) a sparare a zero sull’Iverson uomo e sull’Iverson giocatore, facendo di tutta l’erba un fascio e questo è stato l’errore, perché se si possono scrivere libri sulla vita privata di Iverson, la rissa nel bowling, il recupero di coach Thompson, beh! Ragazzi sull’Iverson giocatore non si può proprio dire nulla di negativo. In campo Bubba Chuck non ha mai fatto alcun tipo di distinzione, il trattamento era per tutti lo stesso, quello di dominio tecnico fatto di scorribande e invenzioni.


Inoltre chi dice che il suo sia genio e sregolatezza senza sostanza (Barkley forse ne sa qualcosa) deve ricredersi ampiamente perché se si pensava che Iverson fosse solo in grado di fare quarantelli in situazioni perdenti dopo il 2001 la questione è un po’ da rivedere. Anno magico per lui e per tutto l’ambiente Philadelphiano da King a Brown, da Croce a Cheeks. Dopo una delle varie estati burrascose con continui litigi con quell’irascibile genio della pallacanestro che risponde al nome di Larry Brown, Ive è riuscito a pensare solo alla pallacanestro e a quello che lui ha sempre desiderato da morire: l’anello. Il ragazzo di Hampton ha sfornato una stagione inspiegabile portando di forza da solo i Philadelphia 76ers ai playoffs prima e alla finale poi. Durante i playoffs ha annichilito diversi record sfornando serie di quarantelli incredibili, cinquantelli (due nella stessa serie contro i Raptors, che lo hanno portato ad affiancarsi a MJ23, unico altro a riuscire nell’impresa) e a guidare con la leadership tecnica e morale la squadra ai fasti dei primi anni ottanta.
Ah, quasi dimenticavo. Ha anche alzato il trofeo di MVP della regular season,diventando il più piccolo e più leggero giocatore della storia NBA ad alzare il Maurice Podoloff award.
Il connubio tra lui e Brown ha portato i migliori Lakers degli anni 90 a sudarsi molto più del dovuto la loro vittoria. In gara uno (per colui che vi scrive la più bella partita di finale e non solo degli ultimi 15 anni nonché il più bel one man show che mi sia mai capitato di vedere) si avvertiva un leggero clima di scetticismo verso la squadra della Pennsylvania, infatti i malandatissimi Sixers si trovavano di fronte la più collaudata macchina da basket della storia recente, che si era sciroppata un 11-0 con percorso immacolato nei playoffs. I Sixers e AI erano palesemente gli “underdog” della finale, ma Ive ama questa sensazione “io contro il mondo”; quanta gente gli ha detto nella sua vita:”secondo me questa volta non ce la fai” e lui quante volte li ha smentiti…non si chiamerebbe The answer se no.


Secondo voi com’è finita gara1? We shock the world ha detto AI alla fine della partita…ebbene sì i Sixers sbancano il campo di Golia con 48 inimmaginabili punti di Iverson e un overtime perso e vinto almeno tre volte.
Il finale lo si conosce…Lakers vincenti nelle altre 4 partite e vincitori del titolo, ma le sensazioni, le emozioni e le situazione venutesi a creare in quella notte italiana e serata Angelena non sono state più viste in nessun campo NBA e in nessuna notte italiana. Solo questo bastava per rendere speciale e stupenda un serie che ha visto soccombere la nostra stella.L’incredibile stagione di Iverson e dei Sixers finiva comunque senza anello e quindi incompleta.
I sentimenti che pervadevano l’anima della “risposta” erano un misto tra voglia di rivalsa ed amarezza per la sconfitta, la bravura stava nel tramutare queste due sensazioni contrastanti in qualcosa di buono per lui e per la squadra nella stagione successiva. Era necessario non rimuginare tutta la stagione sulla occasione persa, ma bensì trovare quegli stimoli per cercare di ripetersi cambiando il finale.
Niente da fare. La squadra era sempre molto combattiva sul campo e sempre composta da gente come Snow, Lynch, Mutombo e l’intensità era sempre presente, ma vista la latitanza del loro leader tecnico, sotto forma di allenamenti saltati, malattie presunte o scarsa applicazione e scarso animo espugnandi la squadra e tutto lo spogliatoio con lei è andata verso sud, Brown furente nel vedere il suo all star buttare via così le proprie capacità, Iverson, di contro, risentito per il fatto che Brown gli facesse notare la sua assenza agli allenamenti e la sua scarsa lena, ritenendo che per un all star del suo calibro non bisognava limitare tutto ad un allenamento saltato . “We talk about pratice! We talk about pratice”
Sembrava essere arrivati al punto di non ritorno tra la stagione 2002 e 2003, la società era in rivoluzione; il GM Pat Croce lasciava la squadra per motivi personali e quindi lasciava vacante il ruolo di “collante” tra giocatori allenatori e front office, Larry Brown se ne andava a causa della mancanza di stimoli per la nuova stagione e si accasava ai futuri campioni del mondo dei Pistons, mentre AI rimaneva con quello che restava dei Sixers finalisti. Ora che era stata fatta piazza pulita era il momento per Iverson di dimostrare veramente quella maturazione e quella voglia di farsi leader che gli è sempre mancata.
Da quel momento è cambiato più l’uomo Iverson che il giocatore; in campo era sempre quell’improvvisatore debordante per talento e voglia di vincere, ma con più autocontrollo sia per quanto riguarda le emozioni che per quanto riguarda il rapporto interpersonale con i compagni.
Sembra incredibile come nella sua carriera gli siano stati affiancati talenti di indubbie qualità tecniche ma dubbia adattabilità come Jerry Stackhouse e Larry Huges. Come non ricordare lo scontro tra le “posse” (letteralmente gruppo di amici) di AI e Jerry; ricordiamo che i due avevano rapporti molto tesi, ma con rispetto; quelli che proprio non si sopportavano erano i gruppi di amici intorno alle due stelle; ovviamente dopo questo scontro quasi animalesco, è stato deciso di separare la coppia sacrificando doctor Jerry. Difficile dire come prima si fidasse solo del suo amico nonché confessore Aaron Mckie, che lo ascoltava e lo aiutava fuori dal campo, ma anche dentro i 28 metri gli forniva un apporto incredibile come capacità di completarsi con l’indiscusso talento del 3. Ora ha deciso che non si devono fare prigionieri, ci si deve fidare dei propri compagni e della linea giovane (Korver Iguodala e Green per fare qualche nome)


(Nella testa di AI) “Iguo è sempre trovabile sopra il ferro e nel semplice schema che mi vede in punta con la palla, non appena vedo ragazzo volare in backdoor gli alzo la palla e lui schiaccia sempre. Ne sono sicuro”.
“Mi piace questo ragazzo bianco…è sfacciato e non ha paura di prendersi responsabilità, se io penetro so che lui è pronto sull’arco a ricevere. Kyle for three…..swish….”.
Si questi ragazzi gli piacciono e lui è convinto che con loro e Chris Webber si può arrivare in alto, la stagione è alle porte e con Mo Cheeks al comando si sente protetto, ora l’unico verdetto lo darà il campo e se Iverson sarà davvero in grado di essere il leader ...


Quest’anno si celebrano i dieci anni di militanza nella città dell’amore fraterno di Iverson, è assolutamente riduttivo analizzare questo decennio con delle cifre, ma non possiamo esimerci in quanto abbastanza roboanti:

27.4 i punti segnati di media in carriera
16.738 i punti totali in carriera
Most Valuable Player della stagione 2000-01
Most Valuable Player degli all star game 2001 e 2005
Primo quintetto negli anni 1999-2001-2005
3 titoli di capocannoniere
Rookie of the year della stagione 1996-97



Il primo amore non si scorda mai…neanche dopo 10 anni.
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