Un week end che non scorderà mai: la prima in teatro, poi migliore in campo con Portland
- La Repubblica -
Nella memoria di Vladimir Radmanovic il primo week-end di questo dicembre 2004 resterà probabilmente impresso a lungo. Nel giro di ventiquattro ore questo ragazzone serbo, che ha lasciato la patria per tentare la fortuna (e tentato dai miliardi) nello sport professionistico americano, è diventato una star su due palcoscenici molto diversi: il primo, quello a lui più congeniale e abituale, di un´arena di basket; il secondo, strano o quantomeno atipico, di un palco di balletto classico.
Nella "KeyArena" di Seattle, di fronte a una folla di fans estasiati - 17072 persone per l´esattezza - il giocatore serbo dei "Supersonics" è stato sabato sera definitivamente incoronato come una nuova stella della Nba. La sfida era una di quelle classiche che rendono lo sport così attrattivo, da una parte la squadra di casa, dall´altra gli arcirivali di Portland. Rivalità dovuta a questioni geografiche, economiche e culturali. Seattle, Stato di Washington, e Portland (Oregon) sono le capitali del "profondo nordovest", le terre dove il selvaggio west si sposa con la supertecnologia, città di frontiera, aperte e liberal, con una che primeggia grazie alla Microsoft e alla Boeing e l´altra che attrae giovani e artisti da tutti gli Stati Uniti. E per definire la supremazia non c´è niente di meglio che le sfide sportive.
Vladimir è entrato in campo quando i "Sonics" stavano già sotto di otto punti (14 a 6) e ha cambiato il volto alla partita infilando tre canestri consecutivi da tre punti. Da quel momento tutti gli occhi sono rimasti puntati su di lui e i tifosi di Seattle cominciano a sognare in grande per una stagione che vede la loro squadra comunque protagonista.
La sera prima Vladimir aveva ottenuto però un successo ancora più sorprendente quando con abiti e parrucca settecentesche si era esibito nella "danza del nonno" dello Schiaccianoci - il balletto che racconta la storia dei figli del borgomastro di Norimberga e dello schiaccianoci a forma di soldatino - sul palco della Marion Oliver McCaw Hall di Seattle, davanti a un pubblico meno imponente ma forse più colto e raffinato, sicuramente molto diverso dai suoi abituali fans.
Non era la prima volta che Vladimir si misurava con il balletto. Già l´anno scorso il Pacific Northwest Ballet, che a Seattle è una vera e propria istituzione, lo aveva scritturato tra le perplessità degli addetti ai lavori, qualche commento non troppo benevole del pubblico e l´ironia dei fans dei "Sonics" (e di quelli delle squadre avversarie). Del resto tra il Pacific Northwest ballet e la squadra di basketball i buoni rapporti ci sono da anni e non è la prima volta che un
viene chiamato a salire sul palco accanto a ballerini professionisti. Ai commenti e alle critiche Vladimir si era dovuto abituare subito, fin dal giorno che aveva messo piede in America. Lui che da ragazzino voleva diventare, come tutti, un
di calcio e che a scuola aveva messo il football e l´atletica davanti a tutto, si era dovuto arrendere alla evidenza di un corpo cresciuto troppo in alto per emulare gente come Savicevic; e del resto il basket in un paese come la vecchia Jugoslavia non era certo uno sport di secondo piano.
Dopo tre anni passati a giocare in quella polisportiva di campioni che era la Stella Rossa di Belgrado, il ragazzino nato l´anno in cui era morto Tito, e che nel 1998 aveva già conquistato il titolo europeo giovanile, si ritrova nella primavera del 2001 a entrare nei "draft", le scelte del basket professionistico Usa che assegnano alle squadre peggiori dell´anno precedente il diritto di scegliersi i giovani giocatori migliori.
Quello del 2001 fu un draft storico, perché per la prima volta come "Number One"´ venne scelto un ragazzo che non arrivava dal college ma direttamente dalla "high school", cosa che non era stata permessa neanche a un mostro sacro come Michael Jordan. Si chiamava Kwame Brown e a tutti - allenatori, tifosi e sponsor - sembrava inevitabile che diventasse il nuovo Jordan, previsione che si dimostrò del tutto errata. Tra i primi di quella lista c´erano anche alcuni giocatori europei, lo spagnolo Paul Gasol al numero tre, il francese Tony Parker e lui, Vladimir, al dodicesimo posto della lista.
Quando i Seattle Supersonics decisero di puntare su di lui, tra i tifosi ci fu una mezza rivolta. Chi era mai quello sconosciuto, che arrivava da un paese finito negli ultimi anni sulle pagine dei giornali solo per via di una guerra terribile, per togliere il posto a tanti validi "American Kids", usciti a fatica dai ghetti grazie alle borse di studio? Ma Vladimir non si è perso d´animo, ha lavorato, lavorato sodo, e alla fine della stagione si ritrovò ad essere eletto nel secondo quintetto delle migliori "rookies", le matricole, dell´anno.
Adesso la consacrazione. Tutti coloro che seguono il basket in America sanno chi è Vladimir Radmanovic, e a Seattle anche chi non è appassionato dello sport riconosce ora quel ragazzone di 2 e 08 di altezza per 106 chili. Se non l´ha visto alla KeyArena, lo avrà visto in parrucca accennare dei passi di danza.
ALBERTO FLORES D´ARCAIS