Il 2005 se ne va

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AZZURLION
00lunedì 2 gennaio 2006 12:43
LETTERA AL 2005 CHE SE NE VA
di Diego Costa


Ciao Duemilacinque. Diciamolo: avremmo voluto che questo 2005 non finisse mai. Avremmo voluto che quell’istante che lo rende così caro al Popolo della Effe si ripetesse all’infinito, proprio come accadrà nei racconti che faremo ai nostri figli e ai nostri nipoti. Perché se la felicità, come dicevano i poeti dell’antica Grecia e delle nostre reminiscenze liceali, dura il battito delle ali di una farfalla, quel battito l’abbiamo conosciuto. Il sedici giugno. Ce l’ha regalato una farfalla panamense, un Rubino (un nome da predestinato) al termine di un’azione... ignorante.

Così è fatta la felicità: spesso non ha ragione, come l’arresto e tiro da distanze siderali del vecchio capitano o la voce roca e travolta dalla passione del Pungio. Ha cuore, anima, desiderio. Amore. Perciò, caro Duemilacinque, la tua storia fatta di dodici mesi è stata una lenta e lunga costruzione di un attimo.
Ci hai regalato un largo corollario di emozioni, di ogni genere:
la gioia allo stato puro per un gruppo esplosivo e talentuoso, in ogni momento, persino nelle sconfitte;
la sorpresa e il dispiacere per l’addio di Gianluca Basile;
il rammarico per la “partenza degli Dei” (ciao Matjaz),
il dolore per la scomparsa di Gary, il Barone Schull;
l’entusiasmo della crescita e della maturazione dei giovani come Mancinelli e Belinelli.

L’interrogativo lasciato da Savic – fautore del programma vincente - partito per Barcellona. Ma anche l’immediata risposta, con l’avvento di Teoman Alibegovic che ha trasformato una possibile debolezza in una rinnovata forza, sposando la causa ribadita di Jasmin Repesa.

Non ti dimenticheremo mai, caro duemilacinque, noi dell’Aquila. Però, secondo le leggi invariabili e matematiche della vita, abbracciamo il 2006. Con il cuore colmo di rinnovata speranza, partendo dalla consapevolezza che ci hai lasciato in eredità. Grazie Duemilacinque. Accogliamo il Duemilasei, così prodigo di promesse e premesse.
Gli racconteremo di quell’..."istante ripetuto" una sola volta, quanto basta, sul campo, a Milano. E ripetuto dieci, cento, mille volte, ancora per chissà quanto tempo, nei nostri cuori.
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