Intervista esclusiva a Di Bella(da triburossoblu)

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Cestsista
00mercoledì 22 dicembre 2004 22:29
“Di Bella è uno di noi” cantano i tifosi di Biella. Il ragazzo 26enne di Pavia che solo tre stagioni fa esordiva nella massima serie, oggi è diventato il capitano e il simbolo di pallacanestro Biella.
Nella pausa dell’All Star Game siamo andati a fare due chiacchiere con lui per conoscerlo meglio.
Ci presentiamo e lui ci fa entrare. Fa un certo effetto il palazzetto vuoto, in silenzio. Nessun pubblico né partita, niente giocatori né allenamenti. Soltanto noi e Fabio. Un po’ emozionati ci sediamo sugli spalti e iniziamo a parlare.



Adesso che sei capitano come cambia il tuo ruolo all’interno dello spogliatoio?
Mah, devo essere un punto di riferimento. Lo è stato Soragna i due anni che era qua con me e io devo esserlo con i ragazzi, con quelli che c’erano l’anno passato e con i nuovi. Io penso che dentro lo spogliatoio sia questo il mio ruolo, un punto di riferimento per tutti dando anche l’esempio.



La sua storia però comincia parecchio tempo prima e quindi:
tornando un attimo indietro, quando è iniziata la tua passione per il basket?
È iniziata ventun anni fa, all’età di cinque anni. Ho seguito mia sorella che giocava a pallacanestro (lei ha sei anni in più di me) e ho giocato per la prima volta con una squadra femminile, la sua squadra. Poi fin da piccolino mi sono appassionato alla pallacanestro perché per me è lo sport più bello in assoluto.



Quando avevi 17 anni e giocavi in serie D pensavi che saresti potuto arrivare fino a qui?
No, mah, neanche quando ne avevo venti e giocavo in B1, assolutamente no. È stata una sorpresa, ci ho lavorato ma è stata una combinazione di eventi che mi ha permesso di arrivare qua a Biella. Io me la sono cercata però tanti fatti sono successi per cui sono arrivato qui.



Quali sono le caratteristiche su cui hai dovuto lavorare di più?
Bisogna migliorare sempre nelle cose che si fanno bene e poi cercare di migliorare un po’ alla volta nelle cose in cui non si riesce. Io sto lavorando tanto ancora sul tiro per esempio e questi sono particolari da curare ad una certa età, poi pian piano che cresci devi sapere qual è il tuo ruolo. Io sono il playmaker e quindi la squadra deve girare attorno a me e qui ci sono altri fattori che intervengono, più complicati come avere il controllo della situazione, sui quali bisogna sempre lavorare.



Qual è il compagno dal quale hai imparato di più?
Quando ho avuto la mia prima esperienza a livello non professionistico, perché comunque ero in serie D, in cui ho avuto il contatto con un mondo di grandi è stata importante la figura di Pratesi. Gabriele Pratesi ha giocato in serie A Pavia e quindi io, tramite mio padre, l’ho conosciuto lì; poi a Siziano a giocato con me per un paio di anni ed è stato importante. A quel tempo io avevo diciassette anni e andavo a giocare con un ruolo importante in un mondo di grandi. Lui mi ha fatto presente tante cose. Poi a livello professionistico è stato importante Andrea Zatti, a Pavia, l’abbiamo preso tutti da esempio.



C’è stato invece un allenatore che ti ha influenzato maggiormente?
Sì, io porterò sempre nel cuore quello che ha fatto per me Massimo Fiume che è stato il mio allenatore a Siziano e ha creduto sempre in me. È lui che mi prendeva i rimbalzi alla mattina prima di andare al lavoro.



Sei primo nella classifica delle palle recuperate, qual è il segreto in questa specialità?
Tante volte si dice che chi ha tante palle recuperate difende poco perché cerca sempre la palla. Noi siamo una squadra con Cookie Belcher e me molto reattiva e quindi è anche più facile anticipare i passaggi, toccare delle palle. Non è una questione di esercizi, è qualcosa che si ha.



Chi è il tuo giocatore europeo preferito o comunque qualcuno a cui ti ispiri e cosa ti piace di lui?
Mi piace Vujanic per come gioca e mi piace Edney. Adesso avrà tutti i suoi problemi al ginocchio ma io penso che Tyus Edney debba essere da esempio a tutti i giocatori nel mio ruolo.



Come e dove trovi la carica prima di una partita?
Beh in casa non è difficile, basta che entri in campo prima della palla a due e la carica ce l’hai per forza. In trasferta diventa già più complicato e per me il fatto di essere in serie A e di giocare partite di questo livello mi dà una carica personale che è quella che mi ha anche fatto arrivare fino a qui.
Poi è importante trasferirla agli altri, in casa è più facile e in trasferta meno. In trasferta conta ancora di più il gruppo.



Che effetto vi fa dunque vedere che ci sono tifosi di Biella che vi seguono anche in trasferte lunghe e che valore ha il loro tifo?
Il loro tifo ha un valore particolare. Per esempio a Pesaro la cosa bella è stata che i 6000 sostenitori della Scavolini fischiavano e i cinque tifosi di Biella applaudivano. Questo penso che sia quello che rappresenta veramente il basket per Biella, è passione, amore poi la conseguenza è che ci seguono anche in trasferte impensabili.



C’è un aneddoto, un episodio divertente legato al basket che ti ricordi in modo particolare?
Ma io mi ricordo una partita di juniores in cui sono arrivato alla palestra che avevo dimenticato, borsa e scarpe. Mi hanno detto di cambiarmi, io ho guardato e non c’era più niente, avevo lasciato tutto a casa.



Tra tutti voi compagni chi è il più “pazzo” all’interno dello spogliatoio?
Ma io direi che a parte Boughy non se ne salva uno…



Una curiosità: ma voi capite quando parla Austin?
No, assolutamente. Ma non lo capiscono neanche gli americani.



Qual è la partita che ricordi maggiormente con la maglia di Biella?
La partita che mi ha segnato di più è stata due anni fa, in casa contro Reggio Calabria, quando Belcher era appena uscito per infortunio e noi abbiamo perso in casa; alla fine però è stata una partita importante per me perché avevo giocato bene e mi aveva dato fiducia. Anche quello è stato uno dei vari episodi della mia storia che mi ha segnato perché ho colto l’occasione: con Belcher fuori io ho disputato un’ottima partita. Poi la volta dopo abbiamo vinto a Udine interrompendo una striscia negativa.



Qual è la tua vacanza ideale?
L’ho fatta quest’estate a Santo Domingo e la consiglio veramente a tutti.



E la città in cui ti piacerebbe vivere (a parte Biella)?
A parte Biella… beh, sono indeciso tra Biella e New York… forse New York.



Basket vuole ancora dire America, qual è il tuo rapporto con gli States?
Penso che gli Stati Uniti, nei playoff, mostrino il basket più bello in assoluto e quindi il sogno di ogni giocatore penso sia quello di andare là un giorno a giocare e a fare qualsiasi cosa. Io ho parlato un po’ con Soragna quando ha giocato contro il Dream Team e mi ha detto che hanno un diverso modo di giocare che, rispetto a quello europeo, probabilmente è più bello da vedere e poi hanno abilità e capacità fisiche veramente impressionanti.



Qual è il tuo giocatore NBA preferito?
Il mio idolo è Jason Kidd.



Rimanendo sempre in America, il tuo stile è molto spettacolare e possiamo definirlo da playground. Ti piacerebbe “sfidare” qualche mostro sacro dei playground storici americani?
Tipo Earl Manigault?… a parte i mostri sacri il fatto di giocare lì anche una sola partita io penso che sia un’emozione unica. Trovare Jamel Thomas e giocare con lui in un campetto non deve essere male.



In partita siamo abituati a vederti come un leader, grintoso e determinato. Come sei invece fuori dal campo?
A me piace divertirmi però non troppo, senza esagerare. Io penso che giocare a basket sia bellissimo e che qualsiasi bambino voglia giocare a basket o comunque diventare un giocatore professionista in generale, il problema è che bisogna mantenere il fisico, avere una vita equilibrata e quindi non si deve esagerare. Poi comunque essere leader in campo vuol dire esserlo nella vita di tutti i giorni anche con i compagni, non nel senso di mostrarsi come una guida per gli altri ma semplicemente essere un amico.



Quali sono i tuoi passatempi preferiti?
Mi piace andare al cinema, mi piace la musica, non mi piace la play station perché sono negato con i videogiochi… devo studiare ma chiamarlo passatempo non mi sembra il caso.



Che musica ascolti?
Mi piace tanto l’hip-hop, per esempio J-Z, 50cent, Eminem.



Cosa chiedi a Babbo Natale nella letterina?
A parte il fatto che potrei chiedere la pace nel mondo… però, rimanendo più sul normale direi arrivare ai playoff con Biella.



Dalle serie minori a capitano di una squadra di serie A, l’anno prossimo allenatore?
Vuol dire che smetto di giocare? Beh, sì, ormai il ginocchio è andato…



No, ma cosa ti manca adesso?
Mi manca tanto.



Essendo improvvisamente diventato noto all’Italia cestistica, qual è la sensazione di essere riconosciuto da tutti e ricevere un sacco di complimenti?
È veramente strana. Pensate che la prima telefonata che ho ricevuto dalla “Gazzetta dello sport” per chiedermi un’intervista, sono rimasto bloccato al telefono. Per me è successo tardi, io non ho mai giocato nelle nazionali giovanili e sono diventato noto a tanti solo perché sono arrivato in serie A. Questa è la stessa cosa che mi dà la carica ogni partita, perché è veramente una cosa indescrivibile.
Io comunque mi sento un ragazzino come quando giocavo a diciassette anni, il mio modo di giocare è lo stesso.



Il “Poz” è ormai quasi da pensionare, non pensi di essere l’uomo adatto per la rottura del ritmo partita in nazionale?
Ma, non lo so. Io il “Poz “ non lo conosco personalmente però se è da pensionare e gioca ancora così… voglio vedere chi gli dice che non deve più giocare in nazionale. Comunque a me piacerebbe tanto, giocare con la maglia della nazionale è uno dei miei sogni.



Da capitano parlaci dei giovani, con un aggettivo che li descrive e un consiglio che può aiutarli a crescere.
Cominciando da Simeoli, lui ha la testa giusta per fare bene, ha mezzi atletici impressionanti. Allenandosi da tre anni a questa parte in una squadra di serie A dove si deve confrontare con gente come Belcher, Thomas, Hill o Giovannoni questo è importante. Ha le potenzialità per fare bene tra qualche anno e c’è tanta fiducia in lui.
Gergati è bravo. Deve secondo me curarsi un po’ di più il fisico, deve irrobustirsi perché in serie A si deve confrontare con giocatori americani, veloci, grossi e che menano.
Poi c’è Cusin che salta, ha le braccia lunghe ed è veloce. Tante volte lui ha problemi di testa nel senso che si fissa sul suo errore, magari un errore che al resto del mondo non interessa e poi si massacra talmente tanto che commette errori invece più gravi.
Ganeto farà bene, è uno stizzoso, tosto.



I giovani sopra i 205cm si stanno trasformando in ali piccole: è solo una moda o è l’evoluzione del basket? Che futuro possono avere i giocatori più bassi?
Io penso che ci sia sempre stato il fascino della persona alta in ruoli non suoi, si pensa sempre al basket come un gioco di grandi per antonomasia. Io ti parlo dal mio alto 1.83 e ti dico che se uno è più alto tu sei più veloce.



Biella maltrattata dagli arbitri, qual è il tuo pensiero? Solo errori?
Solo errori di chi? Di Biella o degli arbitri?… ma, non lo so, io mi auguro di vincere quattro partite di un punto con un canestro non fatto nostro ma convalidato.



Il pubblico femminile impazzisce per Di Bella, cosa ne pensi tu e cosa ne pensa la tua ragazza?
Ma non è vero… sarà contenta la mia ragazza, vuol dire che ha scelto bene.



Da bambini tutti sognano di fare l’astronauta o il giocatore professionista, beh, come ci si sente?
Io volevo fare l’astronauta!



Visto che ci stiamo avvicinando a Natale, vuoi fare gli auguri ai nostri lettori e a tutti i tifosi di Biella.
Faccio tanti auguri di buon Natale a tutti i lettori di triburossoblu e ai nostri tifosi, ci vediamo tutte le domeniche e magari anche qualche mercoledì e giovedì infrasettimanali. Buon anno nuovo. Divertitevi.



Ricambiamo gli auguri e nel frattempo sono arrivati anche gli altri giocatori. È ora dell’allenamento. Lo salutiamo e torniamo a casa convinti che Fabio è proprio “uno di noi”.


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