McGrady il fenomeno entra nella macchina del tempo

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vee.dee
00sabato 11 dicembre 2004 12:44
Incredibile a Houston: 13 punti in 35’’ I Rockets risalgono da -10 in un minuto

- Corriere della Sera -

Per il momento non ha ancora inciso un disco di musica rap, non va in giro piegato in due da un’orgia di catene d’oro e neppure possiede una pistola o ha carichi pendenti con la giustizia. Insomma, per l’Nba del momento, Tracy McGrady è un giocatore atipico: la cosa che lo eccita mostruosamente è il canestro avversario. Il pallone che s’infila nella retina è l’unica forma di droga che si concede. E a perdere il cervello, è chi gli sta di fronte. Quello che Tracy ha combinato l’altra sera a Houston, ha già assunto i contorni del gesto mistico. Una sorta di resurrezione sportiva alle soglie del metafisico. Queste le circostanze: gli Houston Rockets sotto di 10 punti con 1’ da giocare, contro i San Antonio Spurs. Il compagno di McGrady, Bob Sura, che tira un pallone che sembra una pietra, e la gente ride per non piangere, rimuginando su quella nuova sconfitta casalinga. Gli spalti del Toyota Center già mezzi vuoti. Quello che è accaduto poi, i fans di poca fede lo rivedranno per anni nelle clips televisive. Èsuccesso che Tracy McGrady si è fatto trasportare da una febbre inesorabile: ha preso ogni pallone rimasto da giocare e lo ha cacciato dentro. L’ultimo, con 1"7 secondi da giocare, da 3 punti, ha significato sorpasso e vittoria: 80-81. Tabellino finale: Tracy 33 punti, di cui 13 negli ultimi 35 secondi di gara. La modalità di un paio di questi canestri è una sfida alle leggi della fisica. Tipo il tiro da 3 punti, segnato in ricaduta, dopo aver subito spallata e sbilanciamento. Oppure il canestro decisivo, realizzato dopo un decollo trasversale, in mezzo a due avversari inferociti, con il torso piegato dalla parte opposta del canestro. Magie. E anche un bel colpo di fortuna per l’Nba, nel giorno in cui si annuncia l’incriminazione delle canaglie di Detroit, il gruppo di rissaioli, squalificati per la scazzottata col pubblico. Per un giorno, vivaddio, si parla di basket.
E questo è un po’ il limite di Tracy, 25enne taciturno della Florida, che da quando ha 13 anni gioca a basket. Un talento puro. E una forza della natura. Ma niente bizzarrie, nessun lato eccentrico. Soltanto palate di canestri. E chi se lo ricorda, nella rurale Auburndale, la cittadina della Florida dov’è cresciuto, non si stupisce. Tracy McGrady, da sempre soltanto «T-Mac» per tutti, come la sigla di un panino farcito, segnava 23 punti di media già al primo anno di scuola superiore, con il corredo di 12 rimbalzi. Ancora poco, per permettergli una carriera da Division I, la serie A del basket scolastico. Un futuro, va detto, che neppure gli interessava: «Ho sempre sognato di diventare un [SM=x486235] di baseball. Non mi andava a genio rinchiudermi in una palestra. Da noi in Florida la mazza è la prima cosa che impari a usare». Fu quando accettò un invito a un camp nel New Jersey, che il mondo si accorse di lui. Fece una schiacciata spiccando il salto a circa dieci minuti di bicicletta dal canestro. Usa Today lo elesse migliore promessa del Paese. Poi giocò un anno nella castigatissima scuola di Mount Zion, in North Carolina; continuò a volare ogni sera, con orari e statistiche rispettate con precisione svizzera: 27.5 punti, 8.7 rimbalzi, 7.7 assist e quasi 3 palle rubate a partita. La prestigiosa Università del Kentucky lo avrebbe preso senza pensarci, ma uno così era già pronto per la Nba. Era il 1997. Per l’ennesima volta, si sentì sparare la tipica frase: «Ecco il nuovo Michael Jordan». Be’, in quel caso deve essere arrivata all’orecchio del diretto interessato. Jerry Krause, general manager dei Chicago Bulls supercampioni, aveva già pronto il contratto per il ragazzo. Unica clausola: spedire Pippen, 32enne, a Vancouver. Jordan mandò tutto per aria: senza l’amico Pippen, lui si sarebbe ritirato. McGrady andò a Toronto e, finiti Jordan e Pippen, i Bulls non sono più esistiti. Amen.
Da quest’anno, dopo una parentesi agrodolce a Orlando, T-Mac è a Houston, star degli ambiziosi Rockets di Yao Ming. Inizio stagione altalenante, prospettiva da titolo in un paio d’anni. Ha una fidanzata, Clarenda, e una figlia Layla Clarice: esce poco, trascorre ore sul campo a migliorarsi. Dopo l’altra notte ha detto: «È stata una sensazione bellissima, tutti i compagni che mi portavano in trionfo. Non capita spesso. Mi spiace per quelli che se ne sono andati prima della fine. Hanno perso qualcosa». L’avversario nobile degli Spurs, Tim Duncan, ha commentato: «Una sconfitta così ti distrugge. Ma quando T-Mac si scalda c’è solo da starlo a guardare». La sensazione è che lo staremo a guardare per molti anni. La certezza è che Michael Jordan lo avesse intuito: l’erede capace di oscurarlo era arrivato alla sua porta.

Riccardo Romani
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