Repesa:l'anno più bello della mia vita

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AZZURLION
00lunedì 2 gennaio 2006 12:50
Repesa: "L´anno più bello della mia vita"


02/01/2006 09:05
"Resterò fino al 2008 e l´obiettivo sarà sempre vincere"

- La Repubblica -

Prosciugato il sorbetto alla mela verde, ultimo atto d´un paio d´ore passate a parlar di tutto, la tentazione di ramazzare le posate sul tavolo e di allungargliele, perché ne faccia un po´ d´oro anche per noi, viene forte. Non so se Re Mida era grande e grosso («pure 5-6 chili fuori peso, ma a Bologna si mangia così bene...»), ma dal 2005 di Jasmin Repesa sono sortite imprese davvero sull´orlo della trasmutazione alchemica.
Ha vinto uno scudetto inebriante, gli hanno smontato la squadra in una notte, come la sala corse de «La stangata», gliel´hanno rifatta piena di incognite, lui ha riportato in cima pure questa. E proprio a fine anno s´è trovato nell´invidiata situazione professionale di prossimo servitor di due padroni (Fortitudo e nazionale croata).
Così finirà, benchè l´Aquila nostra (da ultimo, Re Giorgio) lo stia circondando di paletti: ogni cosa ha il suo prezzo, lo sappiamo tutti, e dall´estate di Basile lo sappiamo meglio.

Jasmin Repesa, per me "coach of the year". O c´è stato, in carriera, un anno più bello?
«Intanto ringrazio, e poi concordo. Sì, il migliore, visto il risultato e i problemi superati. Con un finale esaltante. Per tutti era l´anno delle metropoli. Bene, vinciamo a Roma, davanti a 10.000 persone. E poi a Milano, davanti a 12.000».

Scudetti ne avevi già vinti.
«In Croazia, col Cibona, da favorito. In Turchia meno, perché a Bursa avevo sì Griffith e Rivers, ma l´Efes aveva Turkoglu, Turkcan, Kutluay, Drobnjak, Besok, e c´erano 6-7 squadre con ricchi budget. Il titolo più bello però è stato questo. Da sfavoriti».

Che cosa porteresti nel 2006, di questo 2005?
«La mentalità dei nostri play-off, da squadra vincente, determinata, che giocava bene insieme. Rimontare il -19 di Roma fu la prova. Forse lo scudetto lo vincemmo quella sera».

E quando ci hai creduto?
«Quando Treviso uscì. La finale con Milano la sentivo nostra quasi al 100%. Con Treviso era più dura, ma potevamo giocarcela. Avere il fattore campo era decisivo. Come lo sarà quest´anno».

Quella squadra è sparita, devi vincere con un´altra.
«E sarà più difficile, perché quella valeva tanto. Ma già a Tarvisio vidi che il gruppo era buono e che i tre americani erano ottime persone. Nessuno pensava che a Natale fossimo così avanti. Neanch´io? Mah, io dovevo vedere, però ci credevo. Prima però dovevamo trovare la chimica, verificare se gente che veniva da squadre piccole, una sola gara a settimana e allenamenti leggeri, faceva il salto. Fin qui è successo, ma la stagione è lunga».

Via Vujanic, Basile, Douglas, Smodis, Rancik, Pozzecco, Cotani. Chi ti ha strappato il cuore? E chi agitato la testa?
«Tutti campioni. E tutti mi mancano. Poi si sa che Smodis in Europa è un´arma totale e Basile l´uomo dei tiri decisivi e il gestore dello spogliatoio. Ma non si poteva fare diversamente».

Ha un segreto questo successo?
«Aver tenuto la squadra unita, quando c´erano solo problemi. Poz fuori, Vujanic rotto, solo voci negative all´esterno. Lì la squadra rispose con forza».

Più in generale?
«Cerco di migliorarmi, di non passare neppure un giorno senza guardare una cassetta di college, di Nba, d´Eurolega. Il basket è come la medicina, evolve sempre. Se resti indietro diventi un rottame».

Difetto. Dicono che t´incazzi troppo.
«Credo d´incazzarmi il giusto, e soprattutto quando serve. I giocatori devono sentirti. Voce alta, magari all´intervallo. E, sempre il giorno dopo la partita, argomenti. Se a uno dico che fa male un blocco, o un tagliafuori, dà la colpa al compagno. Se monto un filmato con gli errori e glielo faccio vedere, abbassano gli occhi: sei quello lì, mi vuoi dire che quell´azione l´hai fatta bene?».

Torno all´estate agitata, ma in senso più generale. Se si possono sfilare 7 uomini al club [SM=x486235], se oggi si fanno al massimo contratti di due anni, ha ancora un senso la parola programmare? E cosa fa un allenatore?
«Bella domanda, ci ho riflettuto spesso. Oggi fare il coach è più difficile di dieci anni fa, o di venti, quando si programmava per quadrienni olimpici. Progetti? Lascia stare. Se senti qualcuno dire, in estate, che avrà tempo, è una balla: tutti stanno pensando a vincere. Subito. Prendi la Fortitudo. Via 7 uomini dello scudetto, eppure ai miei, e a voi sui giornali, ho detto: dobbiamo vincere. Tutte le partite, se si può. Una volta sapevi prima chi andava e veniva. Non c´erano i gm, facevano la squadra i coach. Ora trovi la squadra fatta e devi adattarle un gioco. Ti piace il pressing, ma hai uomini adatti a far zona? Farai zona».

Dopo tre mesi, in Italia e in Europa sta andando come pensavi?
«Più o meno sì, ma tre mesi sono pochi. Milano e Siena, in Europa Maccabi e Barcellona hanno una vittoria in meno, ma càpita. Il Lietuvos, invece, ha fatto cose enormi».

La Virtus è dove dev´essere?
«La Virtus ha un organico da prime sei, e all´inizio giocava così bene da poter puntare alle semifinali. Non ha obblighi d´arrivarci, ma per me le vale».

Re Mida lo sei stato per diversi giocatori. Bagaric può offrirti qualche cena.
«Sì, lui è progredito, ma anche Belinelli, Lorbek, e sta crescendo Watson, verso il giocatore totale, moderno, dentro e fuori. Dalibor veniva dal non gioco. E mi fan ridere quelli che dicono che nella Nba s´allenano. Quando? Lui, non s´allenava e non giocava. Ma lo conoscevo: e a 17 anni, nel Benston, era meglio di quando arrivò qui un anno e mezzo fa: Skelin e Alihodzic se li mangiava. Adesso è allenato e usa meglio la testa».

Perché Kommatos è fuori rosa?
«Perché non è riuscito a fare le cose che tutti abbiamo aspettato che facesse. E´ una decisione sia tecnica che di atteggiamento: ora non era a livello Fortitudo, così lavorerà da solo. Salvo che poi, per dieci allenamenti al mattino che ha fatto con Scekic, dieci volte è arrivato in ritardo. 5-10 minuti, ma sempre».

Se va via, hai chiesto un altro?
«Non ho chiesto giocatori, so che c´è un budget. Se mi portano uno, lo prendo volentieri».

Il caso Kommatos come il caso Pozzecco?
«No. Lì fu una storia solo disciplinare, nessuno discuteva la qualità di Pozzecco come giocatore e come professionista».

Lavorare con Savic e con Alibegovic è diverso?
«Zoran m´ha portato a Bologna quando, due anni prima, ero venuto a parlare e non si fece nulla. Poi, scrivevate tutti che litigavamo...».

Qualche diverso punto di vista.
«Normale, come in tutte le famiglie. Io con Zoran ho lavorato bene. E con Teo pure».

Il teorema Savic, ossia che il tecnico è più importante dei giocatori, s´è realizzato quando Zoran è andato via. Oggi sei lo stipendio più alto della Fortitudo.
«Il mio stipendio l´ha deciso la società. Poi, la figura dell´allenatore è importante, ma se la società non funziona, non può nulla».

Per Seragnoli si lavora bene?
«Benissimo. Mi piace come persona. Non ci sentiamo, né vediamo troppo. Giusto così. Sono felice di avere un contratto fino al 2008. Mi piace Bologna, né piccola né grande, e così appassionata di basket. Tutti ne sanno».

Tutti tranne i giornalisti. Meno ci parli e meglio stai.
«Mi sorprende vedere che in una città dove tanti amano e conoscono il basket, ci sono invece pochi giornalisti per cui questo non è un gioco da capire e spiegare, ma solo una fila di intrighi. Non mi piacciono le conferenze stampa in cui la prima domanda è su Kommatos, o l´anno scorso su Poz».

Prendi un impegno per il 2006.
«Restare qui».

La patria chiederebbe altro oro. Vincere.
«Se si può, ma sono in tanti a voler vincere. Roma in testa, credo anche Milano, e se Siena vince la stagione regolare portar via uno scudetto da là sarà dura per tutti».

WALTER FUOCHI
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